>  Altro   >  Reverse Culture Shock: perché tornare da un viaggio può essere più difficile che partire?
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Si parte sempre con l’entusiasmo, con quella voglia di scoprire il mondo che ti accende dentro ancora prima di salire sull’aereo. Valigie pronte, biglietto in mano e quella sensazione di libertà che solo un nuovo viaggio sa dare. C’è chi cerca l’adrenalina delle esperienze estreme, chi semplicemente ha bisogno di staccare dalla routine quotidiana, o chi trova emozioni diverse nel gioco online grazie ai pagamenti veloci con PayPal nei siti non AAMS.

Ma pochi parlano di quello che succede dopo: il momento del ritorno. Quando rientri e, all’improvviso, tutto sembra familiare ma non più uguale. È lì che inizia il reverse culture shock: quella strana sensazione di sentirti un po’ fuori posto, anche a casa tua.

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Casa che non sembra più casa

Torni e tutto è al suo posto: il tuo quartiere, il bar dove prendi il caffè, la fermata dell’autobus sotto casa. Eppure qualcosa è cambiato. O meglio, sei cambiato tu, mentre il mondo intorno sembra essere rimasto identico. È quella strana dissonanza che ti fa sentire spaesato, come se non appartenessi più del tutto al posto da cui sei partito.

All’improvviso le cose che prima ti sembravano normali ora ti appaiono quasi surreali: i discorsi della gente, le priorità, le piccole lamentele quotidiane. Dopo mesi trascorsi altrove, magari in un Paese dove le persone vivono con poco ma sorridono di più, tornare e sentire qualcuno che si arrabbia per il Wi-Fi lento, per la fila al supermercato o per una perdita sui casino non AAMS ti lascia spiazzato.

Non perché ti senti migliore o illuminato, ma perché hai visto altro. Hai imparato a guardare le cose da una prospettiva diversa e tornare dentro certi schemi ti pesa.

Nessuno vuole davvero sapere

Appena torni tutti ti chiedono: “Com’è andata?”. E tu vorresti raccontare tutto: i tramonti che ti hanno tolto il fiato, gli incontri che ti hanno cambiato, le emozioni difficili da spiegare. Ma dopo due minuti capisci che chi ascolta ha già la testa altrove. Non per cattiveria: semplicemente, non può capire. Non c’era.

E così impari a sintetizzare. “Bellissimo, dovresti andarci.” Fine. Le cose più vere restano dentro di te, chiuse in quella parte del cuore che il viaggio ha trasformato. Per gli altri rimangono solo aneddoti, per te, invece, sono pezzi di vita.

La voglia di ripartire

Poi arriva quel momento. Quella voglia irrefrenabile di rifare la valigia e partire. Non serve andare lontano o stare via mesi interi: a volte basta cambiare orizzonte per sentirsi di nuovo vivi. Perché dopo aver provato la libertà del viaggio, la routine non basta più.

C’è chi lo chiama wanderlust, chi dice che stai scappando. Ma tu sai che non è fuga: è consapevolezza. Hai scoperto che il mondo non si esaurisce nel tuo quotidiano, che esistono altri ritmi, altre priorità. E tornare al “prima” ti sta stretto.

Le piccole cose che ti mancano

Non sono i grandi momenti a mancarti di più, ma i dettagli: quel bar dove facevi colazione ogni mattina, il mercato dove scambiavi due chiacchiere col fruttivendolo, la strada che percorrevi ogni giorno a piedi. Le persone che hai conosciuto e che forse non rivedrai più (ma resteranno solo contatti su WhatsApp).

Non è nostalgia, è riconoscimento. Per un po’ quella era la tua vita e ora è lontana. Ti mancano le abitudini che avevi costruito, i gesti diventati familiari. E sai che non potrai riviverli esattamente allo stesso modo.

Ci vuole tempo per rientrare davvero. Per allineare la persona che eri prima, quella che sei diventato viaggiando e quella che devi essere ora. Non succede in un giorno: serve pazienza, e anche un po’ di indulgenza verso te stesso.

Alcuni non ci riescono mai del tutto: restano sospesi, sempre con un piede qua e uno là, cercando rifugio in attività che liberano la mente, come il gioco online sui casino non AAMS.

Altri, invece, riescono a portare nel quotidiano qualcosa di quel viaggio: un nuovo modo di vedere le cose, abitudini più semplici, priorità diverse. A volte bastano piccoli cambiamenti per sentirsi di nuovo in equilibrio.

Non è sempre negativo

Il reverse culture shock non è per forza qualcosa di negativo. È il segno che quel viaggio ti ha davvero cambiato. Che non sei stato solo un turista di passaggio, ma ti sei immerso in un mondo diverso, e lui ha lasciato un segno dentro di te.

Forse, in fondo, è proprio questo il senso del viaggiare: non tornare mai esattamente uguale. Tornare con qualcosa in più (o in meno), ma comunque diverso. All’inizio può spiazzare, ma poi capisci che è una ricchezza. Hai visto altro, hai vissuto altro, e niente potrà mai cancellarlo.

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Sono Cassandra, una giovane appassionata di viaggi e tecnologia. Vivo a Milano, dove mi sono laureata in Sicurezza Informatica e lavoro come tecnico informatico. Amo l'avventura e ho avuto la fortuna di visitare 29 Paesi in 5 continenti. Dal 2016 nel mio blog condivido le mie esperienze di viaggio, offrendo consigli utili per scoprire il Mondo in modo intelligente e conveniente.

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